In età repubblicana nasce il cosiddetto torchio di Catone perché viene descritto minuziosamente dall’ autore nel De agricoltura. Questo torchio si differenzia dai precedenti per i suoi miglioramenti tecnici, infatti era costituito da una leva incastrata all’interno di due montanti in legno con un’estremità libera collegata tramite un sistema di corde ad un verricello che veniva azionato per mezzo di bastoni di legno dagli operai.
La descrizione di Catone è molto dettagliata, ma ha dei punti oscuri risolti solo grazie al ricorso all’archeologia sperimentale. Analizzando le basi del torchio si è scoperto che la maggior parte dei rinvenimenti presentavano un basamento in coccio pesto o in pietra con i bordi rialzati per evitare la dispersione del mosto, il quale veniva direzionato tramite l’inclinazione del piano verso un tubo che collegava il torchio ad una vasca di raccolta detta Lacus. La vera innovazione tecnologica che distingue questa pressa dalle precedenti è il meccanismo che permetteva di movimentare la leva, infatti è stato inserito un tronco tra i due montanti collegando una corda alla leva in modo da creare un verricello. Inoltre il cilindro ligneo viene trattato come consiglia Catone:
<< Per l’argano farai sei fori: il primo mezzo piede dal cardine; gli altri, li distribuirai con estrema esattezza
>>.
Questi fori venivano effettuati per inserire i bastoni che permettevano di far ruotare il meccanismo e abbassare la leva per creare una pressione sulle vinacce.